Auguri ai repubblicani

L’autoinganno ad opera di false lotte politiche

di Francesco Nucara

Nel febbraio 2002, quando per la prima volta fui eletto Segretario del Partito Repubblicano Italiano da una assise congressuale, chiusi il mio discorso dicendo che il Partito non aveva bisogno di santi, di leader carismatici, di "dittatori" (nel senso garibaldino della parola), ma solo di uomini disposti a mettersi al lavoro per una causa comune, un ideale che aveva accomunato per tanto tempo un gruppo di persone e che per motivi contingenti si era sempre più depauperato.

Non siamo qui a sottolineare le colpe di quanti avevano contribuito allo scempio organizzativo e politico di quel gruppo dirigente, che con onore aveva tenuto in piedi la dignità del Partito e dei repubblicani.

Quando nell’ottobre del 2001 presi in mano la conduzione del Partito, dopo essermi "esercitato" per più di due anni nella segreteria organizzativa, ben conoscevo la disastrata situazione, ma non immaginavo fosse così ampia e profonda. Da poco si era celebrato il Congresso di Bari, il cosiddetto Congresso della svolta, che aveva vieppiù reso poco praticabile la strada per un rilancio del PRI. Di lì a poco infatti vi fu la scissione di gruppi consistenti, politicamente ed elettoralmente, che abbandonarono il PRI, organizzandosi in nuove formazioni politiche. Tra quanti erano rimasti vi fu la nascita di una corrente denominata "Riscossa Repubblicana", che rappresentava circa il 40% di tutto il corpo repubblicano ed era ben decisa a dare battaglia alla linea politica maggioritaria emersa al Congresso di Bari.

Furono periodi animati da grande attivismo politico tra maggioranza e minoranza repubblicana.

Le discussioni talora accese, cariche di qualche violenza verbale, si mantenevano però sempre nell’alveo della dialettica politica.

Sono passati 12 lunghi anni. Molti di quelli che avevano lasciato il PRI, prima e dopo Bari, sono rientrati e svolgono funzioni di primo piano nel gruppo dirigente repubblicano.

È stato fatto un lavoro certosino perché ciò avvenisse. Non vorremmo ritrovarci oggi con un gruppo dirigente che, pensando di non avere sbocchi personali alle proprie ambizioni, pur legittime, crei problemi artificiosi per giustificare una sua eventuale nuova uscita dal PRI.

Il sottoscritto non è mai stato un problema e men che meno lo è oggi che sta per dire addio alla funzione che ha esercitato per tanto tempo, probabilmente con tanti errori ma con un unico e solo amore, quello per il Partito Repubblicano Italiano.

Le soddisfazioni ci sono state, non molte per la verità, ma quelle più importanti per le quali mi sono adoperato, ho preferito consegnarle in mani altrui, perché così pensavo fosse giusto per il bene del Partito.

Posso assicurare che non ne sono pentito. Dispiaciuto sì, per gli scarsi risultati ottenuti che non sono mai stati quelli che avevo sperato, finalizzati cioè ad un opportuno accrescimento, sia d’immagine che di sostanza, del mantenimento in vita, politica e non, del PRI.

Ciò che negli ultimi tempi è stato per me soggettivamente insopportabile, e per il Partito oggettivamente indecoroso, sia per chi ne è stato artefice sia per chi ha dovuto semplicemente esserne testimone, è stato l’uso di un linguaggio politicamente scurrile e vergognoso nei confronti del segretario del PRI.

Tra le accuse che mi sono state rivolte in questi anni da persone che hanno preferito, con le loro scelte, allontanarsi dal Partito, una è stata questa: un segretario deve decidere, non può aspettare le decisioni della Direzione Nazionale; "in politica oggi è già ieri".

Un principio che non mi ha mai toccato, giusto o sbagliato che sia. Ho sempre preferito le decisioni partecipate all’onanismo politico.

Qualcuno si dovrebbe domandare perché il sottoscritto non si è candidato al Parlamento nel 2001 e non lo ha fatto nemmeno recentemente.

In quest’ultimo caso ricordo che è stato fondamentale l’impegno preso solennemente con i repubblicani al Congresso di Roma del 2011.

Denigrare il segretario è facile, specie se prima si è volgarmente denigrato chi oggi si vorrebbe ergere a punto di riferimento di una minoranza congressuale, che esiste anche grazie alle iniziative di modifiche statutarie intraprese da chi scrive.

Non accettiamo lezioni da chi ha utilizzato il PRI attraverso una porta girevole.

Nel 2009 uno dei contestatori, aduso per sua natura a un linguaggio offensivo più che politico, così scriveva: "Ho apprezzato l’appello e l’augurio sincero che il segretario Nucara ha esteso a tutti i repubblicani al fine di superare le divisioni del passato e ho sempre considerato il partito storico come la casa naturale dove ritrovare interamente il mondo repubblicano. Per tutte queste ragioni decido di rientrare nel PRI …".

Ma che belle parole! Un peccato che non siano state veritiere e che soprattutto ingannino se stesse.

In un libro, disponibile da qualche giorno, del prof. Robert Trivers, "La follia degli stolti", c’è scritto: "Il punto fondamentale per definire l’autoinganno, quindi, è che le informazioni vere di preferenza vengono escluse dalla coscienza e, se non vengono eliminate del tutto, sono conservate a un livello variabile di coscienza. Se la mente agisce abbastanza rapidamente , non occorre conservare alcuna versione della verità".

Un antico detto cinese sostiene: "Se prepari la vendetta, scava due fosse non una".

Noi non abbiamo bisogno di scavare fosse, perché non cerchiamo vendette, ma se qualcuno intende farlo sappia che ne deve scavare molte prima di seppellire il Partito Repubblicano Italiano.

Sarò un uomo felice quando vedrò che il dissenso all’interno del Partito Repubblicano sarà svolto in termini di dialettica, anche dura, ma civile. Quando si parla troppo delle singole persone e poco dei problemi vuol significare che non si ha nulla da dire.

Auguri di tutto cuore e intelletto a tutto il mondo repubblicano. Come mi ha scritto un amico, se il 2014 dev’essere come il 2013, meglio andare direttamente al 2015!